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Marco Brando. La grande fake news del Medi@evo

In Medi@evo di Marco Brando ho letto un capitolo di imbarazzante storia patria, intitolato Il Barbarossa “rapito” e dedicato a un’avventura ideale, nel senso di ideologica, dell’antica Lega Nord di Umberto Bossi. Ovvero: un’interpretazione cialtrona e farlocca del Medioevo che fa cortocircuito o, se preferite, testacoda.

Da un lato, il Medioevo leghista è, come da vulgata, il tempo di ogni nequizia per indicare crimini e misfatti, stupri e malversazioni; dall’altro, si ammanta di un appeal per una volta positivo, con i pittoreschi raduni a Pontida e persino con un kolossal cinematografico identitario, Barbarossa, fortemente voluto dai patrioti padani. Un flop disastroso e per soprammercato targato Rai. Ovvero: un’avventura purtroppo non ancora terminata in cui si evidenziano in maniera spettacolare (e quasi demenziale) tracce di “radici medievali in un cocktail strepitoso di storia, propaganda, […] miti inventati di sana pianta”.

Va detto che in chiave politica compare spesso un Medioevo fantasmatico, che risulta imbarazzante se passiamo alle narrazioni della politica estera. Per esempio, ci sono inusitati “ritorni al Medioevo” attribuiti ai conflitti del XXI secolo, dai talebani che riprendono l’Afghanistan alla guerra russo-ucraino e a quella israelo-palestinese. Si parla con ogni evidenza del “ritorno” di zone del pianeta a una stagione che a quelle latitudini non è mai esistita.

Ma torniamo al saggio Medi@evo. L’età di mezzo nei media italiani (Salerno editrice 2024) di Marco Brando. Con buone probabilità conoscete l’autore come giornalista di lungo corso, ma forse vi è sfuggito che Brando svolge da più di vent’anni un’attività di storico, che sarebbe improprio definire parallela a quella pubblicistica, dedicandosi in particolare all’era di mezzo. Meglio: alla percezione del Medioevo dopo il Medioevo. Brando partecipa a una branca della medievistica che viene definita medievalismo.

Che la sua ricerca storiografica sia connessa al giornalismo è certificato, oltre che dalla citazione di un aforisma di Karl Kraus (“Spesso lo storico è soltanto un giornalista voltato all’indietro”) proprio dal nuovo saggio. Brando si focalizza sul ruolo svolto da mass media e social network nel proporci una rosa sterminata di strafalcioni legata ai cosiddetti “secoli bui” (appunto!).

Medi@evo è un libro contro la routine e l’indolenza di chi scrive o posta, schiavo più o meno inconsciamente della “fabbrica dei luoghi comuni”, dell’ignoranza semplificatoria e della scorrevole semplicità delle frasi fatte. Ma è di più: Medi@evo vale da manifesto sulle fake news di portata storica o epocale. Nell’esergo fulminante del saggio – una frase di Marc Bloch – individuiamo subito la bussola cui Brando si è attenuto: “Una falsa notizia solo apparentemente è fortuita, tutto ciò che vi è di fortuito è l’incidente iniziale [… ] Ma questa messa in moto ha luogo soltanto perché le immaginazioni sono già preparate e in silenzioso fermento”.

Mentre noi pensiamo ai nostri tempi sciagurati, Brando compila la sua disamina, muovendosi tra cronaca nera a rosa, sport e religione, sessualità e politica, e dunque offrendoci un godibile testo di divulgazione accanto al compendio specialistico – dedicato significativamente alla memoria di Raffaele Licinio – utile per i colleghi, per gli altri storici, o per gli esperti di comunicazione.

Ma perché tutto questo accade? Brando non fa mancare neanche una risposta, peraltro piuttosto sensata, fornita da ChatGPT, cioè dall’AI in persona: la causa sarebbe “la pigrizia mentale che porta a usare stereotipi per descrivere mentalità complesse e sfaccettate”. Una tecno risposta che si contrappone quasi beffardamente al boom dei mass media e del web nel XX e nel XXI secolo, che di questi stereotipi hanno favorito una massiccia diffusione.

Biografia Marco Brando, che trovate tra i collaboratori di Allonsanfàn, ha svolto lezioni in vari atenei e ha scritto tra l’altro Lo strano caso di Federico II di Svevia (Bari 2008) e L’imperatore nel suo labirinto (Firenze 2019). È socio dell’Associazione italiana di Public History (Aiph), della Società italiana di Didattica della Storia (SiDidaSt), della Società italiana per la Storia medievale (Sismed) e del Centro europeo di ricerche medievali (Cerm).

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