In una sera dei primi anni Settanta, da una radiolina gracchiante uscì la voce angelica, ma presto trafitta dall’angoscia, di Peter Hammill: in House with no door, il capo indiscusso dei VdGG, il frontman come si direbbe oggi, cantava di una dimora senza porta, senza finestre né tetto, una casa preda di pioggia e gelo, da cui però non si poteva evadere – che la trasmissione fosse già PopOff? Oppure ricordo male io e l’ascolto arrivò da un pomeridiano Per Voi Giovani?
Comunque. Io capii che House with no door era una “poesia”, essendo anche la metafora facilmente comprensibile e assimilabile alla mia condizione di adolescente inquieto. House with no door non dava alcun motivo dell’infelicità disperante di Peter Hammill, refrattaria a ogni cura, un’infelicità persino creepy, incarnata nella simbolica dimora senza via di uscita… Certo, si trattava di una brutta “poesia”, scontata e forse compiaciuta (ma quale poesia poi non lo è?), e intanto però era straordinariamente efficace.
Da quel momento mi sono innamorato del Thin Man, l’uomo sottile, il fragile ed estroso songwriter del prog rock – ma sotto il nome di Ricky Nadir con la sua last chance ispirò pure il punk inglese – e ho consumato di ascolti i suoi primi dischi solisti, eseguiti in povertà di strumenti ma sentimentali e addirittura esageratamente essenziali.
C’è Peter che nelle strofe di In the end prenota una crociera sul Titanic, che cazzeggia durante una mortale tournée tedesca dei VdGG, Peter che ha le vertigini a Roma davanti alla Santa Teresa del Bernini e l’abbraccerebbe se solo potesse conoscere il nome di Dio, Peter che si trova a Babilonia e Gerico quando crolla tutto e la gente viene tramutata in pietra o di peggio le accade – “come gli abitanti di un manicomio tutti i cittadini sono pazzi per contagio” – Peter che del resto di era scelto una parte difficile, autoproclamandosi Fool’s mate – “il compagno del pazzo” che si accorge di non saper più cantare, e che nemmeno gli uccelli son più capaci di farlo – ed era un visionario, in grado di intravedere un castello loheingrinico appeso tra le nuvole (chi nel rock ha mai speso l’aggettivo loheingrinic?), Peter che tornato al quotidiano sfuggente, tra calma e tempesta, sa che è così facile perdersi, scivolare via, dimenticarsi gli uni degli altri, vedersi ritratti sull’Evening Standard prima di finire dispersi (refugees) nell’anonimato…
Che bello sapere che in questi giorni – a Milano la data è lunedì 18 all’Elfo Puccini – c’è Peter Hammill ultra settantenne in tour. Spero che almeno negli encore suoni qualcuna delle vecchie canzoni che mi piacevano da ragazzo, quelle di Fool’s mate, Chamaleon in the shadow of the night, The silent corner and the empty stage… Erano i primi passi di un mezzo secolo di musica e di parole irripetibili. House with no door si può ascoltare su H to He dei VdGG… Per le altre date dei concerti, che chiudono il 20 novembre a Padova, qui
Credit: PeterHammill 2” by אילן שמעוני is licensed under CC BY-SA 3.0.