Mentre ci immergiamo nella lettura di questo saggio, ammirando le portentose imprese di cani dal fiuto formidabile, intelligenza sopraffina, propensione all’ubbidienza, desiderio di svolgere lavori socialmente utili per il mero piacere di farlo, il nostro setter sta pervicacemente sfilando l’ennesima soletta di uno scarponcino per poi farla a pezzi con un metodo affinato ormai da due anni.
Dopo avergliela sottratta, proseguiamo nella lettura di Il mio cane è un supereroe! Sottotitolo: Storie straordinarie per imparare a essere padroni migliori (Aboca edizioni) dell’americana Jennifer S. Holland, che sulla mente e il fiuto dei cani, e sulla loro incredibile capacità di apprendere i compiti più complessi e disparati, ha messo in piedi un’indagine di quelle che, alla fine, solo i giornalisti anglosassoni sanno condurre a termine: fatta di decine di viaggi da una parte all’altra del paese, di interviste, visite a laboratori e centri di educazione canina, di giornate trascorse con proprietari di esemplari «eccezionali» prodighi di aneddoti, prove sul campo e dimostrazioni in diretta delle loro imprese.
Intendiamoci, ogni padrone, ovviamente, potrebbe sproloquiare per ore delle gesta del suo prediletto (destando in chi non possiede animali uno svogliato «ah sì?»), ma qui si gioca proprio in un altro campionato. Così – dopo uno sguardo sconfortato al quarto volume della Recherche dalla copertina metodicamente rosicchiata – apprendiamo che un cane ben addestrato, il cui talento innato è stato potenziato per compiti precisi, è in grado di: assistere, se sono cani guida, chi non vede memorizzando percorsi, evitando ostacoli, affrontando imprevisti, «disubbidendo» quando ubbidire ai comandi esporrebbe il padrone cieco a un pericolo; utilizzare il naso, se sono nati per la ricerca (i cani possiedono 300 milioni di recettori olfattivi contro i nostri miseri 6 milioni), per «snasare» e identificare di tutto: dalla nitroglicerina ai cadaveri di persone scomparse, dalle ossa dei fossili alla droga, dai segni di una malattia (diabete, tumori, covid…) alle tracce di specie animali in via di estinzione, e molto altro; se sono cani pastori, mettere in riga, sorvegliare e riportare nei recinti centinaia di pecore o mucche neghittose, per di più dimostrando un’impressionante etica del lavoro. E se, infine, sono di quelli impegnati nella pet-therapy degli ospedali, distrarre, consolare, divertire e calmare chi ha bisogno di conforto.
Nel suo «giro del mondo» canino, Holland ha incontrato anche proprietari che hanno insegnato ai loro beniamini a «parlare», o quanto meno a comunicare, in modo simil-umano. Così, pur con una certa dose di scetticismo, prendiamo per buona l’esperienza di Alexis Devine, padrona (lei si definisce «mamma») di Bunny, cagnetta addestrata a schiacciare con le zampe una serie di bottoni che corrispondono a desideri o stati d’animo: «Bunny arrabbiata», «Bunny fuori», «acqua», «giocare», «gatto», e altri concetti simili.
Tirata su come una bertuccia intelligente, ci pare però che Bunny potrebbe essere ugualmente felice pure senza esibirsi in questi primitivi dialoghi «umanesi», o forse è solo invidia visto che il setter di cui sopra ha appena estratto, con la solita destrezza, il tappo del bidet e, nonostante i nostri «cosa stai facendo?» «molla!», «basta!», ne ha gioiosamente divelto tutta la parte in gomma.
A nostro parziale conforto, il capitolo finale del saggio, davvero consigliabile a tutti quelli che hanno cani o vogliono averne, ammette che un animale appagato, oltre a essere intelligente, ubbidiente, pronto ai comandi e disciplinato, deve potersi rotolare nel fango e nella sporcizia (e poi pazienza, a casa lo laveremo), correre, inseguire, esplorare, odorare cose innominabili, farsi gli affari suoi anche quando sono affari terribilmente canini e assai poco umani. E, soprattutto, resistiamo a strattonarli allorché, al guinzaglio, si fermano ad annusare angoli di case, gomme di auto, spigoli di marciapiedi, marciume abbandonato, tracce di chissà cosa. A noi pare una perdita di tempo, ma loro stanno facendo la «rassegna stampa» del quartiere: apprendono notizie e gossip su amici o nemici passati di lì, chi ha fatto cosa e con quali intenzioni, chi è in calore, chi è malato, se in quella zona si sono visti uccelli, gatti, topi, scoiattoli o altre creature di sommo interesse.
«Ogni cane merita di avere del tempo per essere totalmente un cane» conclude, saggiamente, Holland. «Assisteremo così alla manifestazione perfetta della sua gioia».