Un salto a Las Vegas dovrebbe essere di precetto per chiunque scriva d’America. Questo giocattolone iperbolico che ride e piange nel deserto del Mojave è la sintesi perfetta degli States: davanti il vestito della festa, dietro paillettes cadute sul pavimento. Come dopo certi veglioni di Capodanno, quando finito il casino-casinò, gli addetti alle pulizie raccattano avanzi di cibo, bicchieri lasciati a metà, biancheria intima. Appoggiato a un tavolo tondo, di solito il più ubriaco di tutti ha già vomitato l’anima e tenta di uscire, barcollando.
Nel film The Last Showgirl quella che fatica a uscire dal party è Shelly (una brava Pamela Anderson), ballerina di fila di uno spettacolo che viene replicato a Las Vegas da trent’anni, ma che il manager decide improvvisamente di chiudere. Annuncia la ferale notizia, il tecnico tuttofare tatuato Eddie (Dave Bautista), che con vocione alla Barry White è abituato a dirigere il traffico di tette, culi, piume, ali finte e lustrini della masnada di ballerine.
Il finto Moulin Rouge non tira più, è anacronistico quanto Annette (Jamie Lee Curtis), ex star dello show finita a servire cocktail in uno dei tanti casinò dello Strip, calze contenitive e trucco pesante. Peccato che Shelly, cinquantasette anni reali e trentasette finti – molto bella la scena iniziale, il PPP impietoso di un’audizione bugiarda, del resto l’età ormai è un vero tabù persino per l’impiegata statale, figuriamoci per una ballerina! – abbia dedicato allo show i suoi giorni migliori, sacrificando sull’altare della vita d’artista anche la figlia Hannah (Billie Lourd), che ha fatto crescere altrove.
«Ho sempre amato Las Vegas e cercavo la storia giusta per raccontarla», ha detto la regista Gia Coppola, nipote di Francis Ford, che conoscemmo attrice-bambina in un episodio di New York Stories e che in seguito è diventata regista, «quindi, quando mi sono imbattuta nell’opera di Kate Gersten, ho pensato che fosse un bellissimo ritratto di cosa significhi vivere lì: parte della mia fascinazione per questa città insolita è proprio legato a ciò che accade dietro la magia».

Gersten è la sceneggiatrice, nonché autrice di una pièce teatrale ispirata al suo lavoro da “spia” dietro le quinte di un grande show. Ha scritto il film proprio pensando all’ex star di Baywatch, con un agente dittatore non illuminato che non le aveva neppure consegnato il copione. Per nostra fortuna, poi le è arrivato comunque, tramite il figlio Brandon, perché Pamela qui ha la parte della vita.
Il cosiddetto “sguardo femminile”, che a volte risulta geniale supercazzola per farti ingoiare bocconi magari corretti, ma insapori, qui esiste veramente. Coppola resta nel solco di una certa maniera nel raccontare donne ammaccate dalla vita, però certe inquadrature solitarie nella casa di Shelly, i corpi nella loro marcescibilità, il deserto tutto intorno e il trucco sfatto ti entrano sotto pelle.