“Il desiderio di scrivere questo romanzo arriva da molto lontano, dal ricordo sbiadito di uno zio che, quando ero bambino, mi raccontò la sua fuga da un campo di internamento nazista e il suo viaggio interminabile dall’Austria alla Sicilia a piedi, affrontando fame e paura. Soprattutto paura, sì, perché la guerra ti tatua addosso uno spavento continuo, al punto che finisci per non fidarti più di nessuno. Perché è vero quello che si dice, che pace è non avere fame, non avere freddo, non avere paura”.
Sono le parole di Antonio Albanese, attore e regista, autore di La strada giovane (Feltrinelli).
Pace. Sì, La strada giovane è innanzitutto un libro di pace. Ed è, insieme, un racconto tenero. Storia di un ragazzo poco più che ventenne che si chiama Nino, vive in Sicilia dove fa il panettiere e sposa Maria Assunta qualche giorno prima di partire per la guerra. Dove viene catturato dopo l’8 settembre.
Di continuare a combattere con i tedeschi Nino proprio non ha intenzione e sale su un treno convinto che quei tedeschi lo riportino a casa, a Petralia Soprana, nelle Madonie. Invece finisce in un campo di prigionia in Austria, dove è un Imi, un internato militare.

Nino prigioniero ha sempre fame, ha sempre freddo e ha sempre paura. Fino a quando, grazie all’amico Lorenzo e al macellaio soprannominato “Piemontese”, riesce a fuggire. Siamo nel 1944 e da quel giorno inizia per lui un cammino interminabile attraverso i territori occupati dai nazisti, dove combattono le bande partigiane e continuano i bombardamenti, e poi nella devastazione di un Sud martoriato dall’avanzata degli Alleati.
Nino affronta migliaia di chilometri a piedi, mangiando erba e lumache che raccoglie nel terreno dopo la pioggia, e anche un pezzo di pane nerissimo: “Addentandolo, Nino non riuscì più a trattenere il pianto, perché quello, per quanto secco, era pane vero, il primo che mangiava da settimane, da mesi, da prima di finire internato. Non sapeva ancora di casa, quel pane, ma almeno non sapeva di cenere”.
Arriverà a Petralia Soprana, da Maria Assunta e dalla sua famiglia. E se ce la farà, sarà forse anche per i ricordi che ha tenuto stretti, che non ha mai lasciato svanire, del pane cotto nella panetteria di famiglia e del profumo di burro e vaniglia dei biscotti preparati dal padre.
Nino è giovanissimo. Ma pagina dopo pagina è quasi inevitabile immaginarlo con il volto e la dolcezza dell’Albanese di film come Un mondo a parte, dove cerca di salvare una scuola tra le nevi dell’Abruzzo, o come Cento domeniche, dove racconta di un uomo che, a causa di truffe bancarie, perde tutto ciò che ha.
Ma il libro ha anche un’altra caratteristica. Fa “provare” a chi lo legge la stessa fame, lo stesso freddo e la stessa paura di quel 1944. E fa pensare a cosa è la guerra, a cosa ha causato e a cosa, forse, potrebbe ancora provocare.
Per questo La strada giovane va letto. Perché ricorda che la pace viene, anzi deve venire, prima di tutto.
Ha detto Antonio Albanese: “Volevo raccontare un eroe normale, e cioè un giovane di 22 anni, ingenuo ma buono, che riesce nonostante tutto a restare tale grazie ai suoi ricordi, grazie all’amore per la sua terra, per la sua famiglia e soprattutto per la donna che ha sempre amato e che ha sposato appena prima di dover partire per la guerra. La strada che percorre, quella del titolo, è la strada che solo un giovane può animare, rendere salvifica. In ogni mio lavoro c’è sempre un riferimento ai giovani, alle nuove generazioni. Questo mio primo romanzo è in fondo un omaggio a loro, al potenziale che ogni giovane può avere: grazie all’amore, grazie alla determinazione, grazie al coraggio, grazie alla voglia di crederci”.