Robert B. Parker era considerato negli anni Ottanta il più tosto rappresentante di una modernizzata Hard Boiled School, non ignara del nuovo contesto sociale. “Ha influenzato il 90 per cento degli scrittori di detective story venuti dopo di lui” ha detto uno di loro, Harlan Coben. “Il restante 10 per cento che non lo ammette, mente” (fonte: Atlantic Monthly, 2007).
Parker non era un qualsiasi numero uno da classifica. Prima di accoccolarsi in una più che dignitosa e poliedrica serialità, concluse nel 1990 Poodle Springs, il romanzo incompiuto di Raymond Chandler, e un anno dopo firmò Perchance To Dream con Philip Marlowe protagonista: il seguito de Il Grande Sonno. Chandler era stato al centro degli studi dello scrittore-accademico di Springfield, Massachusetts, fin dai tempi di una tesi di dottorato sullo sviluppo dell’american hero.
Colpisce a maggior ragione che sia il terzo film più visto del 2020 su Netflix un titolo che fa strame del più famoso personaggio di Parker, il private eye Spenser, a sua volta reinventato e tenuto in vita da un continuatore autorizzato, Ace Atkins, giornalista e scrittore quasi Pulitzer per gli articoli su un delitto poi usato in un romanzo (White Shadow). Atkins è attivo su Spenser dal 2012 dopo la scomparsa di Parker per infarto a 77 anni, nel 2011 – in Italia non tutti i suoi libri (una sessantina) sono editi, ne ricordiamo usciti per Rizzoli, Mondadori, nella collana Mystbooks e ne Il Giallo, e per Fanucci e Meridiano Zero…
Lo Spenser Netflix di Spenser Confidential, però, è una sorpresa deludente perché del tutto diverso dal prototipo, ribadito nel romanzo Wonderland di Atkins, che ha fornito poco più di un canovaccio al copione. Perché fare di un personaggio complesso un bidimensionale poliziotto stile Die Hard o, al meglio, tipo il Jack Reacher cinematografico creato da Lee Child? Dev’essere sembrato ai produttori un peccato e un’insensatezza, quasi si trattasse di incenerire una mazzetta di dollari, privarsi di un brand che una volta è stato un gran successo…
Ma torniamo al vero Spenser: pronunciato alla maniera del poeta, primo nome mai svelato – doveva essere David, come il primo figlio di Parker, ma venne poi scartato per non offendere il secondogenito Daniel – si muove nella zona di Boston, e debutta nel 1973 in The Godwulf Manuscript (Il manoscritto Godwulf, Gialli Rizzoli numero 35), assoldato da un’università per ritrovare un documento medioevale.
Spenser si presenta subito, svelto, witty e self confident, come uno che ha fatto il college ma se ne fotte delle etichette. Ha una personalità idealista alla Marlowe, corretta da un accentuato realismo stile Sam Spade, e dalla capacità di vivere nell’attualità: Spenser è pur sempre nato nell’età dei diritti civili (niente negri e froci, qui) e del femminismo, e Parker gli presta il suo progressismo, oltre ad alcune passioni.
Il Marlowe-Spade di Boston crede nella psicoterapia, cucina bene e ama la boxe e il jogging, stravede per i cani (Parker ebbe una dinastia di pointer chiamati Pearl) e ammira con parsimonia le belle donne. Spenser è infatti fedele alla compagna, la terapista Susan Silverman, così come è leale con l’amico afroamericano Hawk, altra metà di un rapporto letterario – è stato notato – alla Tom Sawyer-Huck Finn.
Spenser, che alza spesso il sopracciglio verso i falsi miti del suo tempo, per esempio il glamour che circonda il potere, e che si è messo in proprio deluso dalla politica – lavorava per il tribunale – trova forma e sostanza in una prosa hemingwayana, condita di dialoghi vivaci.
Robert B. Parker era qualcosa di più di uno scrittore seriale, per quanto vanti autentiche catene di produzione dedicate a protagonisti diversi, a cui può anche capitare di incrociarsi. Catene ora affidate a nuove penne. Oltre al ciclo di Spenser, ricordiamo i romanzi di Jesse Stone, capo della polizia dell’immaginaria provincia di Paradise, Massachusetts (in tv, con la CBS, ha la faccia di Tom Selleck), quelli della detective privata Sunny Randall, bostoniana come Spenser, e ispirata dall’attrice Helen Hunt, e quelli della coppia western Virgil Cold ed Everett Hitch… Tanti pure i comprimari di lusso della galassia Parker. Nel 2011, per esempio, lo scrittore inserisce nella serie di Spenser l’indiano Cree Zebulon Sixkill, personaggio che pensava di sviluppare in seguito (lo farà al suo posto Atkins); Sixkill sostituisce di fatto Hawk, presente nei romanzi dal 1978 (A caccia di taglie).
Comunque. Dopo essere stato in tv, dal 1985 al 1995, il coriaceo Robert Urich, star sul piccolo schermo poco amato sul grande, dove si è visto in Una 44 Magnum per l’Ispettore Callaghan, tra il 1999 e il 2001 il private eye ha preso il volto nobile di Joe Mantegna in tre film-tv per il cable network A&E: Small Vices, Thin Air, Walking Shadows. Poi, un lungo stop che ci porta, quasi vent’anni dopo l’ultima comparsa “visiva”, allo Spenser Confidential, interpretato da Mark Whalberg.
Spenser-Whalberg, si diceva, ha poco o nulla in comune con il personaggio di Parker-Atkins, ed è reinventato qui, su copione di Sean O’Keefe e Brian Helgeland, dal regista Peter Berg, noto per Hancock e al quinto film consecutivo in coppia con Wahlberg, attore e co-produttore. Incuriosisce la presenza nel gruppo di Helgeland poiché è lo sceneggiatore sofisticato di L.A. Confidential (da James Ellroy, gli valse un Oscar nel 1988) e di Mystic River (da Dennis Lehane): stupisce che abbia firmato un futile buddy movie alla Arma letale, che distribuisce qua e là come un ammicco qualche brandello dell’universo made by Parker.
Oggi Spenser è un poliziotto indisciplinato – parte usuale per Whalberg quanto quella di common man – che si è beccato cinque anni di carcere per aver picchiato un superiore, l’odioso John Boylan, dedito alla violenza sulle donne. Uscito di prigione, dopo essere stato pestato per bene da una gang di thugs, sfugge e ritrova la sua combattiva ex, Cissy – non la fedele Susan -, e una variante dell’amico di lunga data Henry Cimoli (Alan Arkin), proprietario di una palestra di boxe. Cimoli gli offre un tetto a South Boston, mentre Spenser medita di rifarsi una vita in Arizona, e favorisce l’incontro del nostro con un gigantesco pugile nero, un alias di Hawk (Winston Duke) – Spenser si trova a dividere una stanza con lui come l’Ismaele di Moby Dick con Queequeg.
Ma non c’è tempo per i paragoni letterari: la trama parte a razzo con l’omicidio di Boylan, attribuito a un ex agente, Terrence, improbabile suicida. Spenser non ci crede, e da privato cittadino, tra battute e scazzottate, si imbatte in una gang provvista di machete che vuole accaparrarsi il tesoro locato in un casino abbandonato, chiamato Wonderland…
Peccato. Molto. Perché nessuno potrebbe fare sul personaggio di Whalberg la battuta dedicata al private eye originale. Quello di Robert B. Parker. Spenser è uno a cui si può dire: You spend too much time reading. You know more stuff that don’t make you money than anybody I know.
Sugli eredi di Chandler: Parker, John Banville e Lawrence Osborne (quest’ultimo nel 2019) si sono meritati l’eredità letteraria di Chandler. Leggi anche qui.
Credit: Robert B. Parker di Lester Public Library è concesso con licenza CC BY-NC-SA 2.0. Author Robert B. Parker di bradalmanac è concesso con licenza CC BY-NC-SA 2.0.