C’è una storia che racconta di due anatre mute che si innamorano, di anatroccoli, di galline salvate da allevamenti intensivi, di una maialina e un agnellino che fanno amicizia, di gabbiani predatori, di vecchi alberi di mandarini che riprendono a fare frutti, di ulivi destinati a diventare legna da ardere che trovano nuova vita, di una pozza d’acqua stagnante che si fa laghetto.
E’ la storia che narra Monica Pais, veterinaria notissima sul web, nel suo ultimo libro, uscito per Longanesi, La felicità del pollaio. Che come titolo è un po’ strano. Ma…
«L’ho scritto durante il primo lockdown» dice Monica. «Dover occuparmi ogni giorno delle anatre e di tutti gli altri mi consentiva di uscire, e già quello era un motivo di felicità. Il titolo rende merito a ciò che gli animali sono in grado di regalarci. Sì, proprio quella felicità che dobbiamo essere in grado di vedere anche in un pollaio con molta cacca, poche uova e vecchie galline».
Secchio in una mano, autocertificazione nell’altra «in quel pollaio sono riuscita a rimanere sintonizzata su una vita felice. Bucolica. E’ sempre stato il desiderio della mia vita, fin da bambina, e si è concretizzato come “effetto collaterale” del recupero di animali in difficoltà». Quei “rottami” che Monica Pais cura nella clinica veterinaria Duemari di Oristano. Animali randagi, abbandonati, maltrattati, figli di nessuno, che vengono non solo “aggiustati” ma anche seguiti e amati dagli oltre 450 mila follower su Facebook.
«Già in uno dei miei libri, La casa del cedro, uscito mesi fa, raccontavo come da bambina fosse per me fonte di gioia accudire le galline. Allora lo facevo con un animo diverso, di pura avventura. Questo invece è un pollaio dell’età adulta, dove l’avventura è attraversare una città vuota, deserta, in una situazione straniante che ci ha “rimesso al nostro posto”, ricondotti al nostro reale e piccolo peso nel mondo. La felicità del pollaio è da leggere quando si è di quel malumore che è un sentimento misto, non è tristezza ma malinconia di qualcosa che manca, delle cose che non abbiamo più, che abbiamo perso o smesso di desiderare. Il pollaio è la realizzazione dei sogni, una metafora fortissima di una vita che sembra piccola, sporca e in disordine e invece regala momenti di assoluto piacere. Del resto, l’archetipo della vita è l’uovo, la perfezione assoluta».
Apre il libro la dedica a Luis Sepùlveda “che con i suoi libri mi ha permesso di vedere nei miei paperi ciò che non si poteva neppure immaginare”. «Uno scrittore che è riuscito a raccontare in maniera reale – malgrado fosse una favola – il rapporto nato tra specie diversissime come un gatto e una gabbianella. Per me fonte di grandissima ispirazione, soprattutto quando nel pollaio i gabbiani hanno fatto razzia dei miei piccoli anatroccoli. Che miei non erano ovviamente, ma della terra, dell’universalità. Superare questa cosa mi è costato molto, perché quasi tutto quello che si ama si finisce per sentirlo proprio. Un errore gravissimo perché noi non siamo proprietari di nulla, neanche della nostra esistenza come ampiamente dimostra questa crisi sanitaria. I gabbiani mi hanno ricordato che esistono forze più importanti delle nostre reti e che bisogna accettarle e cercare in loro la grandezza del creato».
Il libro: Monica Pais, La felicità del pollaio (Longanesi)
Le illustrazioni del libro, come quella in alto in apertura, sono di Paolo D’Altan