Qui a Nagoya i ciliegi stanno fiorendo con qualche giorno d’anticipo rispetto alle previsioni – sì, la cherry blossom forecast è una questione seria e molto seguita – ed è già da settimane che negozi e prodotti si sono agghindati con petali rosa: da Starbucks che offre il Sakura Vanilla with Strawberry Jelly ai dolci tradizionali (uno su tutti il sakuramochi, riso rosa avvolto in foglia di ciliegio); dal profumo di prodotti di bellezza e detersivi alle decorazioni sulle mascherine in tessuto; dai cracker di riso aromatizzati alle birre in edizione speciale.
In questi miei dieci anni in Giappone ho sempre vissuto il periodo della fioritura come un momento esteticamente incantevole e socialmente festoso: i tradizionali e immancabili pic nic di hanami (lett. guardare i fiori) sotto i ciliegi sono sempre stati un’occasione se non addirittura un pretesto per trascorrere allegri pomeriggi tra deliziosi bento box di cibi stagionali e chiacchiere con gli amici.
Inoltre, dato che in Giappone è il mese di aprile a segnare un nuovo inizio a livello scolastico, fiscale, lavorativo, in alcuni casi la convivialità ha coinciso con i festeggiamenti legati a tali circostanze.
Ciliegio icona di bellezza e fragilità, ciliegio come sfondo di una nuova vita, ciliegio poetico, artistico e romantico, ma anche ciliegio “sportivo”: la squadra nazionale di rugby del Giappone è nota come “I coraggiosi fiori di ciliegio”.
Nonostante questa presenza importante non ho mai approfondito il significato e le radici del legame fiore-popolo ma ora, anche complice l’impossibilità per il secondo anno consecutivo di organizzare i pic nic (le autorità, per ovvie questioni pandemiche, lo sconsigliano fortemente) ho deciso di fare qualche lettura chiarificatrice. E così mi sono imbattuta nel bel libro Passione Sakura. La storia dei ciliegi ornamentali giapponesi e dell’uomo che li ha salvati di Naoko Abe, Bollati Boringhieri. La giornalista e saggista giapponese, prima donna a scrivere dell’attività dell’ufficio del primo ministro e del ministero della Difesa per il quotidiano Mainichi Shimbun, che ora vive a Londra dove lavora come freelance, mi ha svelato una storia articolata nella quale la botanica e il simbolismo si mescolano in maniera avvincente. Una storia non tutta giapponese ma nella quale l’eccentrico gentiluomo inglese Collingwood Ingram (1880- 1981) ha un ruolo centrale. E una storia non solo permeata di naturale bellezza ma dai risvolti talvolta cupi.
Il percorso tracciato da Naoko Abe ricostruisce la vicenda botanica dei sakura grazie alla passione-ossessione di Ingram per questa pianta – passione che le ha permesso di sopravvivere nelle sue varietà – e illustra i diversi significati che il delicato fiore ha avuto per il Giappone nei secoli: da simbolo di raffinatezza per la Corte Imperiale già dal IX secolo a rappresentazione del collettivismo giapponese nell’800 – la bellezza dei sakura si apprezza non guardando il singolo fiore ma l’insieme di molti – fino a emblema della vita effimera dei sudditi dell’Imperatore durante la Seconda guerra mondiale.
La parte V del libro intitolata Petali cadenti è forse quella che mi ha colpito di più:
«All’epoca [tra la fine degli anni Trenta e gli anni Quaranta], l’imperatore era unanimemente venerato come un dio in terra e il fiore di ciliegio era tra i più potenti simboli dell’esercito. Fra le parole del Rescritto imperiale che i bambini ripetevano a memoria ogni mattina, la frase più importante era “offritevi coraggiosamente allo Stato”. Ovverosia, siate pronti a morire per l’imperatore. Ai soldati era richiesto espressamente di essere preparati a cadere e morire così come cadono e muoiono i petali del ciliegio: dopo una vita breve ma gloriosa».
Nel paragrafo Il ciliegio e il kamikaze sempre della parte V, Naoko Abe mostra come questo splendido fiore sia stato strumentalizzato e compresso a servizio dell’ideologia nazionalista nella metafora del sacrificio dei kamikaze – «come un giovane ciliegio, la vera nobiltà della vita è nella caduta», scriveva nel 1944 il sottotenente Kazuki Kamitsu.
I viaggi in Giappone di Ingram nel Novecento, la sua presa di consapevolezza a proposito del rischio di estinzione delle specie locali di ciliegio a favore di un’unica e clonata varietà, la Somei-yoshino («I Somei-yoshino crescevano in fretta – da arboscello alla maturità in circa cinque anni. Si propagavano facilmente. Costavano poco. Ma soprattutto, erano bellissimi») e il suo impegno per proteggerle si intrecciano a frammenti di storia del Paese in un libro articolato, elegante e coinvolgente. Al termine della lettura di Passione sakura ho avuto l’impressione di ritrovarmi “più triste ma più saggia” (come l’ospite nuziale di Coleridge): il fiore elegante ed effimero che sboccia su rami ancora senza foglie ha per me perso l’aura di spensieratezza festosa che aveva prima, ma certamente ha moltiplicato la ricchezza e intensità dei suoi significati.
IL LIBRO Naoko Abe, Passione Sakura. La storia dei ciliegi ornamentali giapponesi e dell’uomo che li ha salvati, traduzione di Carlo Prosperi, Bollati Boringhieri