Nell’isola di Lampedusa c’è la porta d’Europa, un monumento alto quasi cinque metri, realizzato in ceramica refrattaria e ferro zincato da Mimmo Paladino e inaugurato il 28 giugno 2008. Consegna alla nostra memoria e a quella delle generazioni future il ricordo delle stragi dei migranti morti in mare prima di toccare le coste italiane.
Ma Lampedusa non è la sola porta d’Europa per chi fugge da fame, da violenze e da guerre.
A nord, a mille chilometri di distanza da Lampedusa, migliaia di invisibili attraversano un’altra porta: il confine tra Slovenia e Italia nei boschi di Trieste, luogo di passaggio verso un’Europa che per loro inizia lì.
Dell’esodo disperato di chi è alla ricerca di una possibilità di vita racconta La porta d’Europa. Il confine italiano della rotta balcanica, eBook uscito alla fine di marzo del regista e sceneggiatore Mauro Caputo e della giornalista Donatella Ferrario.
Il libro, accompagnato da fotografie e dal film-denuncia inedito No borders. Flusso di coscienza, diretto da Caputo e “basato su migliaia di invisibili storie vere”, è pubblicato da Marietti 1820 nella collana digitale “iRèfoli” e inaugura la sezione Plus, che sperimenta testi scritti arricchiti da contenuti visivi.
È soprattutto la drammatica situazione dei campi profughi al confine tra Bosnia e Croazia ad aver riportato l’attenzione dei media sulla rotta balcanica. Campi come quello di Lipa, distrutto da un incendio la vigilia di Natale del 2020, Vucjak, smantellato per le condizioni disumane in cui vivevano i migranti, e molti altri.
Le riprese di No borders. Flusso di coscienza (il film si apre con le parole di un comizio di Matteo Salvini contro “i clandestini”, qui il trailer) hanno preso il via nella primavera del 2019 lungo i sentieri tra Italia e Slovenia dove migliaia di migranti compiono l’ultimo passo di quel percorso chiamato rotta balcanica. Lasciandosi alle spalle i confini di Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Montenegro e Macedonia attraversati tra respingimenti, torture e angherie, campi profughi dalle condizioni terribili, trafficanti di uomini.
«Lontano dal clamore mediatico» spiega Mauro Caputo «migliaia di persone passano il confine con l’Italia liberandosi di ogni cosa, anche della loro identità. Comprendere e poi raccontare questo fenomeno è stata una necessità, un dovere morale e umano al quale non potevo sottrarmi. Perché non dobbiamo dimenticare che nel mondo una persona su 97 è in fuga».
Riprese e fotografie sono state realizzate percorrendo a piedi i chilometri finali fatti dai migranti, un passaggio in qualche modo tollerato dalle autorità di frontiera per chi vuole raggiungere la Germania, la Francia, la Spagna. Boschi che sono la vera porta d’Europa per tanti che arrivano da Afghanistan, Algeria, Azad Kashmir, Bangladesh, India, Iraq, Iran, Libia, Malesia, Marocco, Nepal, Pakistan, Siria, Somalia, Tunisia.
«Per un anno e mezzo sono stato quasi ogni giorno nei boschi del Carso, lungo il confine con la Slovenia. Ho incontrato numerose tracce lasciate da migliaia di migranti, provenienti da luoghi lontani, alcune volte lontanissimi. E così ho cercato di ricostruirne le vite, i sogni, le speranze» racconta Caputo.
In Italia, pochi metri dopo l’invisibile linea di confine slovena, i migranti abbandonano ogni cosa: i vestiti, i documenti, gli zaini, i cellulari, anche le medicine. Tutto ciò che in qualche modo può fare risalire a loro. Azzerano tutto: la propria origine, i luoghi dove sono transitati. E in quei boschi si illudono di essere arrivati in Europa.
«Si parla di rotta balcanica dagli anni Novanta del secolo scorso» si spiega nel libro. «La dissoluzione della Jugoslavia e il conflitto che ne è seguito hanno creato un flusso di profughi in fuga per salvarsi dalla pulizia etnica. Nel 2015, con l’apertura dei confini da parte dell’Unione europea e dei Paesi baltici, la rotta diviene la strada maestra per l’ingresso nel vecchio continente: una sorta di corridoio legalizzato dalla Grecia all’Italia. Si stima che oltre 800 mila migranti, soprattutto siriani in fuga dalla guerra, abbiano provato a percorrerla. Nel 2016 la strada, dopo un accordo controverso tra Unione europea e Turchia, è stata in teoria chiusa e nello stesso tempo molti Paesi dell’Europa hanno inasprito i controlli. Ma la rotta non si è mai chiusa davvero. È una strada difficile per chi si muove senza mappe, al buio. Una via fatta di ghiaioni che diventano scivolosi per le piogge, trappole di fango, costellata da burroni e anche di mine inesplose nei territori della ex Jugoslavia».
Noi non siamo veri esseri umani se non prendiamo su di noi la responsabilità di un altro uomo e attraverso quest’uomo di tutta l’umanità scriveva Giorgio Pressburger, scrittore e regista ungherese a cui Mauro Caputo ha dedicato il film. Pressburger, nato a Budapest nel 1937, fuggito a causa dell’aggressione sovietica, era arrivato in Italia da profugo nell’autunno del 1956.
Un’Italia che all’epoca conosceva il senso della parola accoglienza.
Il libro. Mauro Caputo, Donatella Ferrari La porta d’Europa. Il confine italiano della rotta balcanica (Marietti 1820). Nell’eBook è compreso il film No borders. Flusso di coscienza di Mauro Caputo