Il 30 aprile scorso Allonsanfàn pubblicò un mio pezzo (lo chiamai pezzullo per non dare troppa importanza all’imputazione di complottismo che ne poteva derivare) riguardo a un libro che non avevo ancora finito di leggere ma, già a metà, stranamente mi forniva suggestioni circa una questione che stava esplodendo.
La questione era la liberalizzazione dei brevetti dei vaccini anticovid su cui più tardi si espresse favorevolmente persino il nuovo presidente degli Usa Joe Biden, ma non compiutamente l’Europa trainata dalle resistenze della Merkel. Io credo che la ragione stia dalla parte di chi vorrebbe la liberalizzazione perché mi pare evidente che, se riescono a vaccinarsi solo i 10 Paesi più sviluppati del mondo, la pandemia potrà continuare a produrre (con le aree più povere e più popolate del pianeta) danni sia per la circolazione di coloro che restano scoperti dal vaccino sia per l’insorgere delle varianti. E tutto ciò si potrà riversare su chi crede di essersela cavata, ovvero su quei 10 Paesi tra cui il nostro, in cui le cose sembrerebbero aggiustarsi.
Inutile dire che nel condividere l’opinione di chi è per la liberalizzazione dei brevetti non c’è solo un calcolo di convenienza ma anche un’esigenza di solidarietà con quanti, nel mondo più povero, avrebbero bisogno non solo della liberalizzazione dei brevetti, ma anche delle attrezzature e delle competenze per produrli e, nell’immediato, l’aiuto delle forniture da parte dei Paesi che sono in grado di farlo. Ma anche questo non basta. La produzione in proprio è necessaria, se si guarda al medio-lungo periodo, perfino per l’Europa e l’Italia che, come sappiamo, con il mercato dei vaccini hanno dovuto fare i conti e potrebbero tornare a farceli anche in seguito.
In quel pezzullo dicevo, appunto, che mentre stavo ancora leggendo il libro mi era parso curioso che si sottovalutasse la teoria degli interessi coincidenti che cambiano il corso della storia in peggio o in meglio, mentre nella letteratura definita sommariamente “di genere”, di esempi se ne trovano a bizzeffe. Citavo non soltanto il libro in questione, una biografia di Graham Greene scritta da Richard Greene (curiosa omonimia…) intitolata Roulette Russa, ma anche David John Moore, nom de plume di John le Carré che, come Graham Greene, fu agente dell’MI6 (il servizio segreto britannico) ancorché autore, in virtù delle esperienze conseguite sul campo, di spy story di eccellente fattura trasposte, talvolta, in film di grande successo.
Certo, anch’io sono convinto che parlare di complotto per tutto quello che accade e mal si capisce, risulta deplorevole. Ma è difficile non pensare che dietro dispute come quella sui vaccini non ci siano interessi enormi e circostanziabili, al bivio fra finanza e politica, con soggetti (Big Pharma?) che manovrano gli eventi senza che ci sia bisogno di riunire tutti i protagonisti dell’azione sullo stesso palco, eppure con un copione che ne preordina i movimenti. Si capisce inoltre, da quello che ho scritto, che considero voli di fantasia la Spectre di Ian Fleming e James Bond, ma un po’ meno il motivo per cui Graham Greene è stato (ci ricorda il libro) “amato da Sciascia, Dürrenmatt, le Carré e McEwan… per l’affinità di temi in cui il mistero ammanta l’immagine sulla giustizia, per la coltivazione del dubbio elevato a morale dei suoi romanzi pieni di colpevoli, per la prosa ricca e avvincente”. Ecco: ora che ho finito la lettura di questo bel libro (Sellerio Editore, 2020) ne sono ancora più convinto, e di seguito cercherò di spiegare perché.
Parlo, ovviamente, di Graham Greene e dell’autore della sua biografia, tralasciando John le Carré e altri scrittori entrati quasi occasionalmente nel discorso, per restare al tema del volume. Dirò, intanto, che non è prolisso, pur con le sue 876 pagine, ma rientra nella categoria della migliore letteratura biografica di matrice britannica nello stile di Denis Mack Smith, storico particolarmente noto in Italia per il suo ben più sintetico Garibaldi (Laterza editore, 1973). Nessuna retorica, voglio dire, nel libro di cui trattasi, ma una rassegna di date e fatti cronologicamente ordinati, documentati e disposti (in modo anche un po’ pignolo) senza farsi prendere dall’interpretazione più facile, bensì cercando di cogliere la complessità del personaggio ma anche la sua più intima essenza.
Dire che si tratta di un testo divulgativo può avere una sua logica, ma questa definizione corrisponde di più all’opera di Mack Smith che, infatti, nelle numerose edizioni successive preferirà il titolo più corrispondente all’opera Garibaldi: una grande vita in breve. D’altra parte per il popolare eroe dei due mondi è stato più facile, e forse anche indispensabile. Assai meno per Graham Greene, che appartiene anch’egli a due mondi (l’Europa e l’America Latina) e, anzi, sarebbe meglio dire tre (con l’Indocina e il Vietnam), ma non è sicuramente un eroe: inviato speciale di diverse testate, talvolta nella doppia veste di giornalista e per conto dell’MI6, molto libero nel coltivare le sue relazioni (per esempio fedele all’amicizia con Kim Philby, un agente dell’MI6 doppiogiochista stabilitosi, in seguito, nell’URSS) ma anche uomo assai tormentato: convertito alla tradizionale liturgia cattolica ma più sensibile alla fede che ai dettami della dottrina aggiornata col Concilio Vaticano II, dunque conservatore per certi versi eppure vicino ai preti della teologia della liberazione, legato alla prima moglie fino all’ultimo ma con una vita privata ricca di avventure cercate e volute, persino di amanti e sbornie solenni… Un ossimoro vivente.
Apprezzerete questo libro, comunque, e capirete meglio quando leggerete cose che apparentemente stoneranno. Entrerete nel merito delle relazioni che Graham Greene ingaggiò fra la sua produzione letteraria e l’industria cinematografica, un giro di denaro, debiti e jet set, un doppio ruolo quasi obbligato tra opere talvolta cerebrali, talaltra (come le chiamava lui) semplici divertissement. Ma se avete letto o leggerete le sue opere o vedrete i suoi film, cambierete spesso opinione perché i divertissement (soprattutto le spy story) a contatto con la vostra sensibilità potrebbero apparire più profondi, espressione di eventi drammatici e significativi nella storia del mondo come la rivoluzione castrista, e più delle opere intenzionalmente cerebrali e profonde.
Qui, anche senza dichiararlo ma nella escussione dei fatti e dei dati, il biografo Richard Greene ci induce a riflettere sul valore creativo, letterario ed espressivo dell’opera di Graham Greene, qualcosa che va oltre i suoi stessi propositi, la sua vita vissuta, e colloca l’autore fra i personaggi di almeno due poli, Il potere e la gloria e I commedianti, quasi a dimostrazione che ciascuno nella vita è costretto a recitare una parte e come se ci fossero fili in mano d’altri che muovono i personaggi (il copione… il complotto).
Non si è padroni che dei nostri sentimenti, si può pensare, un po’ meno delle nostre azioni. A questo punto, credo, vi tornerà in mente anche una frase attribuita a William Shakespeare che, qua e là, capita di trovare ancora sulla ribalta di qualche teatro: “Il mondo intero è un palcoscenico” e, a volte, persino “tutti gli uomini e le donne sono semplicemente attori”. Forse vi tornerà in mente anche ciò che raccontai qualche pezzo fa su Allonsafàn, quando riferii che, in seguito a una polemica, Roberto Saviano aveva chiesto ad Arno Widmann, giornalista del Frankfurter Rundschau che pur non volendo l’aveva innescata: «Ma non hai detto che Shakespeare è meglio di Dante?». E lui rispose: «Ma per nulla, ho fatto riferimento a Eliot sottintendendo un suo scritto molto famoso, in cui divide la letteratura in due: da una parte Dante, dall’altra Shakespeare. Ho concentrato questo nella riflessione su Dante pensatore morale, poeta che si mette sul trono di Dio per giudicare, e Shakespeare che gioca con gli uomini nella sospensione del giudizio».
Grande Dante e grande Shakespeare! Ma forse, a noi, converrebbe più la sospensione del giudizio.
IL LIBRO Richard Greene, Roulette russa – La vita e i tempi di Graham Greene, traduzione di Chiara Rizzuto, Sellerio. Il precedente articolo, qui
Credit: “Graham Greene, The Quiet American – Metropole Hotel, Hanoi” by chrisjohnbeckett is licensed under CC BY-NC-ND 2.0 “The Graham Greene Suite, The Metropole, Hanoi” by phatfreemiguel is licensed under CC BY-NC-ND 2.0 “Graham Greene a été ici” by Xpectro is licensed under CC BY-NC-SA 2.0